I merletti a fuselli di Santa Margherita LIgure
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Il merletto di Santa Margherita Ligure deriva molto probabilmente dalla lavorazione delle cinture intrecciate (per le quali Genova era famosa nel mondo) e dei passamani in oro e argento. In Liguria si praticava la lavorazione dei fili d’oro, conosciuta dai tempi degli Etruschi; in Santa Margherita si hanno notizie riguardo alla filatura dell’oro già dal 1242.
Le notizie storiche ad oggi note sono rintracciabili negli archivi delle parrocchie cittadine, nell’Archivio Storico Comunale e consultando gli Annali redatti da Attilio Regolo Scarsella. Santa Margherita Ligure, inoltre, è citata ampiamente da tutti gli autori dei principali libri antichi e moderni riguardanti il pizzo a tombolo.
Nel libro di entrate e spese della Compagnia del SS. Sacramento di Santa Margherita Ligure, conservato nell’archivio della chiesa parrocchiale, è descritta nel giorno 24 luglio 1592 un’offerta di “pissetti” da parte di figlie e mogli di pescatori, abbinata all’offerta di reti da pesca per corallo, in ringraziamento per una pesca particolarmente abbondante. Negli archivi della stessa chiesa parrocchiale si trova, inoltre, una vecchissima pergamena raffigurante un merletto molto simile nel disegno a quelli contenuti in un’antica opera veneziana di Mattia Pagan del 1551, intitolata “L’honesto essempio del vertuoso desiderio che hanno le donne di nobile ingegno circa lo imparare i punti tagliati a fogliami”.
Le merlettaie liguri erano specializzate soprattutto nel merletto a fili continui. Nel 1700 e nel 1800, tutte le donne di Santa Margherita Ligure imparavano già da piccole a lavorare e da adulte sedevano insieme, a gruppi di tre o più, davanti a cuscini che superavano i due metri di lunghezza e creavano scialli, tovaglie ed altri capi di grandi dimensioni, usando centinaia di fuselli in numero costante, dando vita ad un pizzo senza giunte e molto resistente.
Da ricordare la merlettaia imprenditrice Angela Bafico, premiata con insegna reale, autrice di moltissimi manufatti famosi, tra i quali il parasole in merletto dono di matrimonio delle dame genovesi alla Regina Margherita di Savoia. E' ancora esistente e ben conservata una sua tovaglia dedicata alla Madonna dell’Orto a Chiavari.
Sappiamo da una statistica svolta nel 1813 che in un solo rione (Corte) esistevano 20 fabbricanti e 800 operaie; le più abili e veloci guadagnavano fino a 24 soldi al giorno. I pizzi venivano in buona parte esportati, soprattutto in America del Sud.
Nel corso del tempo la produzione dei merletti subì varie fasi di calo e di rinascita, dovute ad eventi storici, alla concorrenza di paesi stranieri ed alla crescente produzione di merletti fatti a macchina.
Dalle notizie dell’Archivio Storico Comunale sappiamo che a Santa Margherita Ligure esisteva la “Scuola Comunale del Pizzo”, che resistette fino ai primi anni Cinquanta del Novecento. Le materie insegnate erano: disegno, punteggiatura dei cartoni, esecuzione del pizzo, cultura varia. Il progetto mirava a formare delle merlettaie in grado di fare qualsiasi tipo di pizzo, dai classici motivi liguri ad altri tipi più moderni, per seguire le esigenze del mercato. Le nozioni generali, invece, mettevano le alunne in grado di poter vendere i loro manufatti, controllando la propria contabilità e creandosi un'attività commerciale. A fine corso veniva rilasciato un diploma e le più meritevoli erano premiate.
L’insegnamento era affidato a docenti diplomate al magistero in pizzo a fuselli e provenienti dalla Scuola Professionale "Duchessa di Galliera" in Genova, affiancate da merlettaie locali.
Vi erano, oltre a quello comunale, anche altri corsi di merletto nella frazione di San Lorenzo della Costa, presso le Suore del Carmine, alla Casa della Provvidenza, nel rione di Corte; in ogni quartiere, insomma, vi erano persone che a casa propria insegnavano a donne e ragazze.
Attualmente l’insegnamento del merletto viene portato avanti con corsi istituiti dal Comune, che si aggiungono a quelli tenuti dalle due associazioni presenti in città.Testo e immagini a cura di Luisa De Gasperi